venerdì 16 settembre 2011

Erich Maria Remarque e il crudele inganno della guerra



Erich Maria Remarque


Centodieci anni addietro, il 22 giugno del 1898, nasceva nella cittadina imperiale di Osnabrück, in Renania, Erich Maria Remarque (vero nome Erich Paul Remark), scrittore tedesco che odiava la guerra.

Durante la I Guerra Mondiale, ancora ragazzo (aveva appena 18 anni), fu mandato sul fronte nord–occidentale presso Verdun ove si combatté una terribile battaglia; ferito più volte, soffrì anche di gravi crisi depressive che lo segnarono per tutta la vita.

Nato dall’umile famiglia cattolica di un povero rilegatore di lontane ascendenze francesi (egli prese come pseudonimo l’antico nome francese Remarque, che la famiglia aveva germanizzato in Remark), dovette lasciare l’Università di Monaco per combattere la sua guerra personale in trincea. Reduce di guerra, in mezzo a enormi difficoltà, a Berlino fece il bibliotecario, l’in­segnante elementare e il cronista sportivo.

Nel 1925 aveva sposato Ilse Zambona, bella come una modella, ma il matrimonio fu tempestoso: si lasciarono e si risposarono nel 1938 mentre Erich portava avanti diverse avventure sentimentali (anche con l’enigmatica Marlene Dietrich).

Divenne notissimo in tutto il mondo per il romanzo–diario Niente di nuovo sul fronte occidentale (1929) – nel solo primo anno vendette circa un milione e mezzo di copie – , dura testimonianza degli orrori, della inutilità della “bella guerra” (apportatrice di distruzione materiale e disgregazione spirituale) e dell’inganno fallimentare del Nazionalismo, ma anche cronaca oggettiva e scarna di «una generazione la quale – anche se sfuggì alle granate – venne distrutta dalla guerra». Con uno stile privo di retorica e quasi “casual”, vi si narrano – in bilico tra realtà e sentimento – le vicende quotidiane di alcuni giovani soldati semplici, le cui vite prive di futuro si consumano nel fango delle trincee, in giornate apparentemente calme e silenziose sul fronte di guerra. Nulla dell’inumana tragicità della guerra è risparmiato ai sette giovani soldatini: «Questa vita... ci ha impastati d’insensibilità per farci resistere all’orrore... ha svegliato in noi il cameratismo per strapparci dall’abisso della disperazione e dell’abbandono».

In Germania il libro fu proibito nel 1930 perché accusato di «disfattismo e anti–nazionalismo» e fu dato alle fiamme dai nazisti nel 1933. Nel 1932, con l’avvento del Nazismo, Remarque (accusato ingiustamente di essere un vigliacco o una spia o un ebreo) abbandonò la Germania per andare prima in Svizzera e poi nel 1939 negli Stati Uniti, ove prese la cittadinanza stabilendosi a New York (nel 1938 gli era stata tolta la cittadinanza tedesca ed era divenuto un apolide). Rappresentante di una «Germania diversa», si sentì sempre un esiliato solo e privo di speranze, «un uomo senza patria» che non conosceva nemmeno la lingua del paese che era divenuto la sua nuova patria.

Scrisse in Ombre in paradiso (uscito postumo nel 1971): «Avevo alle spalle una via lunga e pericolosa, la “via dolorosa” di tutti coloro che di fronte al regime hitleriano avevano dovuto fuggire».

Seguirono, ma senza raggiungere il successo del primo romanzo, Ama il prossimo tuo (1941), Arco di trionfo (1947), Tempo di vivere, tempo di morire (1954) e La notte di Lisbona (1963), nobili storie ricche di dignità umana, tutte ispirate ad alti ideali di pace e fratellanza.

Morì per aneurisma il 25 settembre del 1970 a Locarno, in Svizzera, ove si era trasferito con la seconda moglie Paulette Goddard, grande attrice americana sposata nel 1958. La città natale di Osnabrück ospita un importante “Archivio” che raccoglie le sue opere e tutta la letteratura su di lui.

Numerosi suoi romanzi sono divenuti splendide sceneggiature di film indimenticabili, tra i quali All’ovest niente di nuovo (1930) tratto dal primo romanzo e diretto da Lewis Milestone (un classico e un simbolo del cinema contro la guerra, proiettato in Italia soltanto nel 1957); il film tratto da Arco di trionfo (1947), sempre diretto da Milestone con i superbi Charles Boyer ed Ingrid Bergman; e quello tratto dallo struggente Tempo di vivere, tempo di morire, di Douglas Sirk (1959) con John Gavin, nel quale Erich Maria Remarque si ritagliò anche un piccolo significativo ruolo d’attore (fu durante le riprese di questo film che conobbe l’amata seconda moglie Paulette). (www.zam.it, News, 23/6/2008)

P.S. Il film All'ovest niente di nuovo (All Quiet on the Western Front) è un film diretto nel 1930 da Lewis Milestone, sceneggiato da Maxwell Anderson, Del Andrews e George Abbott dal romanzo "Im Westen nichts Neues" scritto da Erich Maria Remarque nel 1929. Il film vinse l'Oscar per il miglior film e la migliore regia, e nel 1998 l'American Film Institute lo ha inserito al cinquantaquattresimo posto nella classifica fra i cento migliori film americani.

Pellicola sensibile e intelligente, colpisce al cuore per emozioni e intensità e seppe restituire per intero l'antimilitarismo e la forte denuncia contro gli aspetti più atroci della guerra, presenti nel libro. Classico film di guerra, pieno di esplosioni, polvere da sparo, bombe e dinamite, risultò molto sgradito alle forze naziste che lo boicottorano in tutti i modi possibili.

La trama, pittosto complessa, racconta di un professore di liceo, il prof. Kantorek (Arnold Lucy) nel 1916 in un piccolo villaggio tedesco, che riempiendo la testa dei suoi giovanissimi allievi di retorica patriottica li spinge alla guerra convincendoli ad arruolarsi volontari. Già durante l'addestramento, i ragazzi vengono a contatto con una dura realtà che fa loro capire l'errore commesso. Oppressi dai superiori e presi in giro dai soldati più anziani, vengono esposti senza pietà alle crudeltà delle missioni di guerra e alle sofferenze della trincea ove soffrono la fame, l'isolamento e i colpi dell'artiglieria nemica. Il giovanissimo Giuseppe Behn (Walter Rogers) – che non voleva partire ed era stato convinto quasi a forza dai compagni – viene colpito a morte e soltanto il soldato Franz Kemmerich (Ben Alexander), spinto dall'amicizia, corre a soccorrerlo subendo il rimprovero di tutti per la sua stupida imprudenza. Raggiunti un bunker, Kemmerich viene ferito in modo grave uscendo dalla sua postazione (gli verrà amputata una gamba). Intanto nelle trincee si svolge una dura e sanguinosa battaglia che provoca la morte di molti soldati e ai soldati rimasti viene negato addirittura il rancio. Quando i giovani commilitoni vanno a trovare l'amico moribondo, soltanto il giovane Paolo Baümer (Lew Ayres), solidale e pietoso, gli rimarrà accanto sino alla morte. Quando Baümer, che ha ucciso un soldato nemico, rimane per una notte confinato in trincea col cadavere del suo nemico, sconvolto, tenta un dialogo pieno di rimorso con lui promettendogli di scrivere alla vedova. Ritornato ferito a casa, Paolo non soltanto si rifiuta di testimoniare il suo retorico eroismo davanti agli studenti (come richiesto da prof. Kantorek) ma anzi esprime tutto il suo disgusto e la sua condanna per gli orrori e i massacri della guerra. Incompreso da tutti e quasi considerato un traditore, chiede di ritornare al fronte ove morirà nel 1918, poco prima della fine della guerra, in una tranquilla abituale giornata in trincea, ucciso da un cecchino francesce, proprio mentre tenta di afferrare una farfalla (e ricca di simbolismo è questa fine triste e malinconica).

Hanno scritto Laura, Luisa e Morando Morandini, ne "il Morandini" (Zanichelli editore): «... presto al fronte scoprono che la guerra ha poco da spartire col coraggio, il dovere o l'etica. Nessuno ritornerà... Fu uno dei primi "colossi" del cinema sonoro. La sua forza e soprattutto la sua fama derivano da una sagace fusione delle sue componenti: il realismo della regia, la spettacolarità delle scene di battaglia, il lirismo dei dialoghi...».

Delbert Mann nel 1979 fece un remake per la TV di All Quiet on the Western Front, con la sceneggiatura di Paul Monash, interpretato da Richard Thomas, Ernest Borgnine, Donald Pleasence, Ian Holm, Patricia Neal e Paul Mark Elliott. Si tratta di un buon lavoro che vinse un Grammy Award come miglior film TV nel 1980, senza raggiungere l'intensità e il fascino del film precedente.

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