venerdì 9 settembre 2011

La satira di costume di Ludovic Halévy, l’autore della Carmen



Ludovic Halévy


Cento anni addietro, l’8 maggio del 1908, moriva Ludovic Halévy, noto commediografo e librettista francese, a Parigi ove era nato il 1° gennaio del 1834.


Apparteneva a una grande famiglia di artisti e letterati e divenne ben presto noto per i suoi “vaudevilles” e le sue commedie farsesche, nelle quali – nell’ambito di una feroce satira di costume e assumendo atteggiamenti di rivolta nei confronti della cultura ufficiale del Secondo Impero (1852–70) – faceva una gustosa parodia della vita parigina del tempo, non priva di un discreto approfondimento psicologico (Fanny e Frou Frou).

Con Henri Meilhac scrisse numerose opere buffe e operette musicate da Offenbach, che ebbero grande consenso e che gli diedero fama e benessere (La bella Elena, La vita parigina, e I briganti, che fu tradotta da Tettoni e che venne rappresentata presso il teatro Politeama di Napoli nel 1874) ). Scrisse anche libretti d’opera, tra i quali quello della Carmen di Bizet, che divenne una delle opere liriche più popolari nel mondo.

Halévy s’ispirò all’omonima novella di Prosper Mérimée, scritta nel 1845, ma ne fece un testo eterno, apportando importanti innovazioni narrative: dilatò la magica atmosfera spagnola; addolcì il carattere di don José, sergente dell’esercito, che nella novella era presentato come un tipaccio; introdusse i nuovi personaggi del torero Escamillo (insieme al colorito tema della corrida nel IV atto) e della contadina Micaela; e fece di Carmen una creatura ribelle e affascinante («Libera è nata e libera morirà!»), violenta zingara–sigaraia che tutti fa innamorare e tutti tradisce, dominata dalle passioni (dall’odio e dall’amore), che risolve con il coltello le sue schermaglie amorose. Carmen è destinata a morire (anche le carte lo preannunziano) perché non riesce a ricambiare il grande amore di don José, che per lei ha abbandonato tutto (Micaela, l’esercito e la povera madre ammalata); egli, accecato dalla gelosia per Escamillo, la uccide. Bizet ha partecipato alla scrittura del libretto: sue sono le parole dell’Habanera, conturbante danza spagnola simile al tango («L’amore è un uccello ribelle»).

L’opera fu rappresentata per la prima volta il 3 marzo 1875 ed ebbe delle critiche sfavorevoli; e, poiché Bizet morì tre mesi dopo questa infelice Prima, non ebbe modo di immaginare quale successo avrebbe raggiunto il suo capolavoro. 

In seguito Halévy ritornò all’umorismo sarcastico degli inizi, dedicandosi alle vicende della famiglia Cardinal, appartenente alla piccola borghesia parigina, durante i primi anni della Terza Repubblica, descritte con arguzia e sarcasmo – come dimenticare Monsieur Cardinal, uomo pieno di astio e pedanteria, vuoto emblema di pomposità e carente moralità! – ; queste storie tragicomiche ebbero notevole successo di pubblico. Altrettanto fortunato fu il romanzo L’abate Constantin, opera edificante e sentimentale scritta nel 1882, che ebbe moltissime edizioni in Francia (è stato tradotto anche in Italia) e che nel 1884 gli aprì la strada per l’elezione nell’Accademia di Francia. (www.zam.it, News, 9/5/2008)

P.S. Nel 1984 Francesco Rosi girò il film–opera Carmen, una fedele trasposizione italo–francese dell'opera di Bizet che privilegia l'enfasi e l'atmosfera lirica proprie del melodramma, con la sceneggiatura di Tonino Guerra e lo stesso Rosi, con i costumi e la scenografia di Enrico Job, interpretato da cantanti–attori che mescolano voce e presenza scenica in modo armonioso: Julia Migenes–Johnson (Carmen), una soprano newyorchese di origini greco–portoricane dal fisico grintoso e prorompente, Plácido Domingo (don José), Ruggero Raimondi (Escamillo) e Faith Esham (Micaela). Notevole è la presenza nel film della compagnia di Antonio Gades che assicura straordinari intermezzi di ballo e un eccezionale ritmo dei movimenti e una superba composizione dei gesti del popolo spagnolo circostante. Vincitore di sei David di Donatello nel 1985 (migliori film, regia, fotografia, scenografia, costumi e montaggio) e di un premio Cèsare (per il miglior sonoro), il film ha partecipato al Toronto Film Festival nel 1984 ed è stato presente al Berlin International Film Festival nel 2008. Pur non tradendo gusto e aspettative degli affezionati dell'Opera, il film costituisce un grande spettacolo, ricco di passione, dal forte impatto emotivo e dalla rappresentazione sontuosa, che come ha più volte dichiarato lo stesso autore mira soprattutto al «realismo... su sfondi reali, in uno stretto rapporto con la realtà sociale e culturale che ha condizionato e fatto nascere la storia». Per questo Rosi ha preteso stretta aderenza alla realtà spagnola dell'epoca, luoghi interni ed esterni veritieri, e autenticità di costumi e suppelletti, rifiutando categoricamente il facile e generico colore locale. Ermanno Comuzio (su Cineforum n. 238, del 10/1984), nella parte conclusiva della sua recensione, così scrive: «Rosi ha voluto mettere in luce quegli elementi che, sfiorati o trasfigurati dal metabolismo della musica, interessano la sua natura di cineasta. La libertà di comportamento di una protagonista che afferma con fierezza la sua condizione femminile (personaggio moderno «che va al di là di tutte le battaglie femministe poiché può essere considerato femminista ante–litteram»), per esempio. La «diversità» e l'emarginazione di Carmen in quanto gitana, e quindi appartenente ad una minoranza perseguitata («Carmen ha tutte le caratteristiche dell'emarginata che difende la propria dignità e la propria libertà»). Il contrasto fra la popolana, conscia delle proprie azioni, e don José, visto come un piccolo borghese, terrorizzato da tutto ciò che è più grande di lui, compreso l'amore.».


Ben diversa è la Carmen (in Italia Carmen Story) diretta dal grande Carlos Saura nel 1983: forte ed espressivo film d'autore, è un dramma musicale (con poca musica e tanto risuonar di tacchi), molto vicino al testo di Mérimée. Tratto da uno spettacolo teatrale di Antonio Gades, vi si narra di un gruppo di danzatori di flamenco che, confinati in una sala prove, tentano di fornire la propria versione spagnola del dramma di Prosper Mérimée. Un coreografo di mezza età e "Maitre de ballet", Antonio (Antonio Gades), deve preparare un nuovo balletto per la Carmen; incontra una giovanissima, brava e sconosciuta ballerina di flamenco di nome Carmen (Laura del Sol) e la impone come prima ballerina trasmettendole tutta la passione per la sua arte. In modo fatale se ne innamora e sembra ricambiato, ma Carmen è una donna sexy e volubile, che mal sopporta la gelosia di Antonio e tutte le sue restrizione; Antonio è lacerato da tormenti simili a quelli di don José nel dramma di Mérimée: realtà e finzione, vicenda letteraria e vita privata dei protagonisti, sembrano sovrapporsi e la storia di Antonio e Carmen diviene quella stessa del dramma di cui stanno allestendo il balletto, che avrà un grande successo. Ma il dramma precipita quando Antonio coglie Carmen appartata insieme con un ballerino; la uccide, allora, senza pietà e lucidamente.

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