venerdì 30 settembre 2011

Selma Lagerlöf la prima donna laureata al premio Nobel



Selma Lagerlöf


Selma Lagerlöf, grande scrittrice svedese (prima donna e primo scrittore svedese a vincere il Nobel nel 1909), nacque a Marbåcka nel Värmland il 20 novembre del 1858.


Cresciuta in un podere di una stupenda campagna, visse in mezzo ai miti delle saghe nordiche e al folclore delle canzoni popolari. La sua infanzia fu abbastanza felice nonostante una malattia che per molti anni la rese zoppa e nonostante che il padre bello e fragile, sensibile e ricco di senso artistico, fosse un inguaribile alcolizzato votato all’autodistruzione.

Selma, educata in casa, dovette faticare non poco per raggiungere maturità culturale e autorealizzazione: contro il parere del padre, si trasferì a Stoccolma nel 1881 per conseguire il diploma di maestra (Selma, che n’era la figlia prediletta, fu sempre convinta di averne accelerato la mor­te per cirrosi epatica con la sua decisione  rivoluzionaria). Nel 1885 andò a insegnare a Landskrona.

Il suo primo romanzo in due volumi La saga di Gösta Berling (1891) è sospeso tra epica e mito; seguirono il contemporaneo ma fantastico I miracoli dell’Anticristo (1897), scritto dopo un viaggio in Sicilia, e i due volumi di Jerusalem (1901–2), scritti dopo un altro viaggio in Egitto e in Palestina (il regista danese Bille August ne trasse un bel film per la televisione nel 1995). Questi testi destarono l’attenzione della critica e del pubblico europeo e la consacrarono come una grande scrittrice. Del 1904 sono le note Leggende di Cristo ma il suo capolavoro è Viaggio meraviglioso di Nils Holgersson attraverso la Svezia (1906–7), un libro di geografia scritto modestamente per la scuola elementare ma divenuto una deliziosa lettura per ragazzi.

Nel 1907 le fu conferita la laurea ad honorem dell’Università di Uppsala.

Si dedicò in seguito a lavori autobiografici, quali Marbåcka (1922), Memorie della mia infanzia (1930) e Il diario di Selma Lagerlöf (1932), volgendosi al passato con occhio nostalgico e pathos. Contemporaneamente si dedicava a illustrare la cronaca dei luoghi nativi nella trilogia L’anello dei Löwenskölds.

Selma Lagerlöf, suffragetta e femminista ante–litteram, pacifista oltre che donna profondamente libera, ebbe due lunghe relazioni con le scrittrici Sophie Elkan e Valborg Olander (esistono numerose lettere che rappresentano un affascinante epistolario). Attaccata al podere di famiglia in Marbåcka, vero e proprio luogo dell’anima, venduto prima della morte del padre e riacquistato dalla scrittrice con i soldi ottenuti grazie al premio Nobel, vi morì il 16 marzo del 1940.

Con meraviglioso stile lirico, con ricchezza di vita interiore, con tensione drammatica e con immagini dense di freschezza ed emozioni, i testi di Lagerlöf raccontano il passato alla luce di una visione tragica del destino umano.

La scrittrice è in Svezia molto amata: a Falun (città dove era solita risiedere durante l’inverno, sino alla sua morte), dopo l’abbattimento della sua casa, nel Dalarnas Museum sono stati ricostruiti il suo studio e la sua biblioteca, che rappresentano per il pubblico la maggiore attrazione del museo. (www.zam.it, News, 17/11/2008)


La saga di Gösta Berling (Gösta Berling saga)

Scritto nel 1891, è il primo romanzo in due volumi di Selma Lagerlöf. Storia ispirata dal severo spiritualismo calvinista dello scrittore scozzese Thomas Carlyle (1795–1881), sospesa tra epica e mito, racconta di un giovane prete alcolizzato, bello e dannato (dolente rappresentazione autobiografica dell’amato padre), costretto ad abbandonare la parrocchia e a vivere d’elemosina, accolto dalla Signora di Ekeby (sola e infelice ma molto ricca) insieme agli altri cavalieri di Ekeby, dodici buontemponi senza patria ma pieni di gioia di vivere e dediti alla bella vita. Questo romanzo ha ispirato nel 1923 il film violento e drammatico del grande regista finlandese Mauritz Stiller (1883–1928) – vi apparve per la prima volta l’attrice svedese Greta Garbo – e nel 1925 l’opera lirica I cavalieri di Ekebù di Riccardo Zandonai (1883–1944), ancora oggi molto rappresentata.

Di formazione antinaturalista, in questo romanzo, Selma scriveva della Natura dominatrice e madre–matrigna: «La paura è una strega. Siede nell’ombra dei boschi e canta magiche canzoni che, giungendo alle orecchie degli uomini, riempiono il loro cuore di cupi presentimenti... La natura è maligna, insidiosa come una serpe addormentata; di lei non ci si può fidare. Ecco il lago di Loven che si estende in tutta la sua bellezza radiosa, ma non te ne fidare!... Ed ecco il bosco, allettante regno della pace e del silenzio, ma non ti fidare... Non ti fidare del ruscello con la sua acqua limpida!... E non ti fidare del cuculo… Non ti fidare del muschio, né dell’erica, né dei macigni. Maligna è la natura, dominata da forze invisibili che hanno in odio l’uomo.».

Coinvolta però anche dall’incanto della Natura, dal suo universo stupendo e incontaminato, così aggiungeva: «Chi vuol vedere i veri rapporti tra le cose, deve lasciare la città e andare ad abitare in una capanna solitaria al margine del bosco... Imparerà allora a conoscere e a osservare tutti i segni della natura, e comprenderà in quale misura le cose inanimate dipendano dalle cose viventi. Si accorgerà che la pace delle cose inanimate viene disturbata non appena regna l’inquietudine... spesso mi sembra che le cose inanimate sentano e soffrano con i viventi. La barriera tra loro e noi non è così insormontabile come gli uomini credono... Lo spirito della vita alberga ancora nelle cose inanimate. E cosa ode, mentre giace in un sonno senza sogni? Ode la voce di Dio. Ascolta anche quella degli uomini?».


Il carretto fantasma (Körkarlen)

Durante la guerra l’opera artistica della pacifista Selma Lagerlöf languì, ma nel 1912 pubblicò questo romanzo che nel 1920 ha ispirato l’omonimo film muto del grande regista svedese Victor Sjöstrom (1879–1960), capolavoro nordico e vera lezione di cinema per le innovazioni tecniche e la potenza registica.

Vi si narra la storia di David Holm, un ubriacone tubercolotico che con le sue angherie ha reso infelice la moglie e i figli (sotto questo riguardo, Selma e Victor condividevano la medesima tragedia dell’alcolismo paterno e conoscevano quindi molto bene quel che raccontavano!). David muore a mezzanotte della notte di Capodanno e, secondo la leggenda, dovrà fare il carrettiere della morte (numerose storie s’incastrano allora come tante scatole cinesi), ma Edit – una sorella dell’esercito della Salvezza che ha tentato di guidare David sulla retta via – muore di tubercolosi e si sostituisce a lui che, ritornato in vita, raggiunge la moglie salvandola dal suicidio, le chiede perdono e resta con lei per espiare.

Il film è attraversato continuamente e in modo lugubre dal carretto e dalle anime dei morti in una moderna sovra–impressione. A questo film e alla sua difficile realizzazione per il rapporto controverso tra Victor e Selma (ciascuno avrebbe voluto dare una propria personale rappresentazione), Ingmar Bergman ha dedicato l’interessante film televisivo “The Image Maker”. Tra l’altro, Ingmar scelse proprio il pluripremiato Victor  Sjöstrom per interpretare il professor Isak Borg nello stupendo immortale capolavoro “Il posto delle fragole” (1957).


L’esiliato (Bannlyst)

Alla fine della tremenda I Guerra mondiale, nel 1918, Selma Lagerlöf scrisse questo romanzo che fu tradotto in Italia nel 1932. Questo libro interessante, dall’evidente messaggio pacifista, narra di Sven Elversson, sospettato di aver mangiato – insieme agli altri esploratori di una spedizione sperdutasi nell’Artico – carne umana (quella di un compagno suicida). Sven è un uomo buono e giusto ma gli abitanti del suo paese non gli perdonano quest’abominevole «antico peccato dell’umanità», e lo caricano di disprezzo e disgusto («Traboccano di fede e di senso di giustizia, tanto che in loro non c’è posto per una goccia di pietà»).

Egli stesso, escluso e ripudiato dai suoi simili, si odia forse più degli altri («aveva peccato contro la santità della morte») e spera inutilmente di recuperare con le sue buone azioni parte dell’onore e del rispetto perduti. Scoppia poi la guerra («la Grande Bestia»), e il mare restituisce a migliaia e a migliaia i cadaveri galleggianti («La superficie del mare ne era ricoperta... si poté notare un cumulo di cadaveri confusi colle reti e coi pesci»).


Il popolo finalmente capisce come «la santità della vita» sia il bene più importante e quanto più irreparabile sia il male fatto ai vivi e quanto più inviolabile la vita della morte: perdona allora Sven che muore per l’emozione nell’apprendere di essere innocente (incosciente per la febbre, era stato accusato e coinvolto ingiustamente dai compagni).

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