sabato 15 ottobre 2011

Eric Ambler, il pioniere della moderna spy–story prestato al cinema



Eric Ambler



Cento anni addietro, il 28 giugno del 1909, nasceva a Londra – ove morì il 22 ottobre del 1998 – Eric Ambler, autore soprattutto di romanzi di spionaggio (21 sono i suoi libri pubblicati).


Vero maestro del thriller, ha portato alla perfezione la spy–story ritenuta prima di lui «una forma infima di vita letteraria», dando origine a quel particolare filone che avrà il suo massimo rappresentante in John Le Carré (oggi tutti conoscono John Le Carré, ma hanno purtroppo dimenticato Eric Ambler).

Superando l’avventura fine a se stessa e creando suspense e atmosfera, con precisione e humour britannico, Ambler ha analizzato i meccanismi di funzionamento delle sue investigazioni e ha documentato in modo realistico «il razionale labirinto, dove tutto torna e si lega, con logica impeccabile, nella soluzione finale». I suoi diabolici e sofisticati intrighi sono infarciti di politica internazionale (scrisse: «Gli affari internazionali possono condurre le loro operazioni con pezzi di carta, ma l’inchiostro usato è il sangue umano.») e sono ambientati spesso in un’epoca sinistra e preoccupante (quella nazi–fascista della fine degli anni ’30), in improbabili ipotetici paesi balcanici – il cui nome è quasi sempre taciuto – ove si parla un «bastardo dialetto turco–slavo».

A proposito de Il processo Deltchev (1951), scrive Angela Fodale: «Se di solito il paese fantastico, luogo di avventure e prodigi, è lontano dall’Europa, centro ideale della cultura occidentale, la regione balcanica costituisce nell’immaginario collettivo un “cuore di tenebra” del vecchio continente, tanto più inquietante quanto più ci è vicino... terra straniera che tuttavia il protagonista non riesce a comprendere ed accettare».

Il suo romanzo più riuscito è La maschera di Dimitrios (1939), vicenda «scombinata, non artistica... priva di moventi occulti» che riguarda Dimitrios Makropoulos, grande criminale europeo coinvolto in orribili delitti (incluso il traffico di eroina e l’assassinio politico), ritrovato cadavere. I protagonisti delle intricate storie di Ambler sono spesso uomini comuni dalla vita banale, costretti per innocente curiosità a divenire antieroi, supereroi o talora soltanto pedine in una vicenda piena di scheletri nascosti. Nel 1944 Jean Negulesco ne ha ricavato l’omonimo celebre film, interpretato da Peter Lorre.

Notevoli sono anche: La rotta del terrore (1940), da cui fu tratto il film di Norman Foster con Joseph Cotten e Dolores Del Rio; Topkapi (1964), che divenne il memorabile film diretto da Jules Dassin con Melina Mercouri e Peter Ustinov (ispirando Blake Edwards per l’ironico “La pantera rosa”); Una sporca storia (1967); Il levantino (1972), che vinse il Gold Dagger Award; e Doctor Frigo (1974). Molti di questi romanzi sono stati pubblicati in Italia; tra l’altro, l’irresistibile romanzo d’esordio La frontiera proibita (1936) e il raffinato Il caso Schirmer (1953) furono tradotti da Giorgio Manganelli, riconosciuto più tardi un maestro della prosa italiana.

Eric Ambler ha vissuto a Hollywood per molti anni, curando la sceneggiatura di numerosi film; tra quelle più popolari: I giganti del mare di Michael Anderson con Gary Coope, Gli ammutinati del Bounty di Lewis Milestone con Marlon Brando, Pianura rossa di Robert Parrish con Gregory Peck, e Mare crudele di Charles Frend (che gli valse la nomination all’Oscar nel 1953). È sua anche la sceneggiatura di Titanic, latitudine 41 nord del regista Roy Ward Baker, uno dei primi film dedicati alla nota tragedia (tratto dal libro di Walter Lord del 1912).

Joan Harrison, la seconda moglie americana di Eric, è stata assistente e produttrice di alcuni film di Alfred Hitchcock, che certamente fu molto influenzato da Ambler (anche Somerset Maugham e Graham Greene gli devono molto).

Lo scrittore–critico Edmondo Aroldi ha scritto di lui: «Maestro del romanzo poliziesco e di spionaggio, un classico della narrativa sull’intrigo internazionale e, guarda caso, uno scrittore di razza». (www.zam.it, News, 2/7/2009)

P.S. Dall'intrigante romanzo La maschera di Dimitrios (The Mask of Dimitrios) (1939), il regista rumeno Jean Negulesco, ai suoi esordi, ricavò nel 1944 l’omonimo celebre film, sceneggiato da Frank Gruber e interpretato da Sydney Greenstreet, Peter Lorre, Zachary Scott e Faye Emerson. La trama noir, complessa e morbosa, si svolge attorno a Dimitrios Makropoulos – un criminale senza scrupoli, un vero "genio del male", affascinato dal delitto, che viene ripescato morto nel Bosforo (siamo a Istanbul, un crocevia di traffici sporchi e di delinquenti di ogni tipo e provenienza) – e a un innocuo scrittore di gialli che si interessa al caso mettendosi nei guai (di Peter Lorre, che lo interpretava, disse il regista Negulesco: «il maggior talento che abbia mai visto in vita mia»). La storia coinvolge altre figure enigmatiche (una bolsa cantante di night, una elegante ex spia e altri tipi ambigui e inafferrabili), e al centro di tutto domina l'amore per il denaro e la sua fatale forza di corruzione. Il regista utilizza in modo sapiente i flash-back, con i quali ricostruisce lentamente una realtà inquietante e misteriosa che si va via via rivelando in una oscurità che è sia effettiva sia psicologica (superba la fotografia in bianco e nero, avvolgenti i chiaro–scuri di Arthur Edeson).


Dal romanzo di Ambler La rotta del terrore (Journey Into fear) (1940), fu tratto il film di fantapolitica da Norman Foster con Joseph Cotten, Dolores Del Rio, Agnes Moorehead e Orson Welles. A cavallo tra thriller, spy–story, noir ma anche commedia, il film è ambientato sempre a Istanbul, ove delle spie naziste assumono un sicario allo scopo di far fuori l’ingegnere americano Howard Graham, esperto di artiglieria navale, in partenza da Istanbul per New York, un "antieroe" su tutta la linea: inetto e imbranato, lamentoso e superstizioso, insensibile al fascino della ballerina Josette Martel. Sulla nave scalcinata (vero fulcro di questa vicenda di doppio gioco), l'uomo viene pedinato da un misterioso personaggio, un killer melomane, che cerca di ucciderlo e si salva fortunosamente soltanto per l'aiuto del cinico colonnello turco Haki, capo della polizia segreta (interpretato da un Orson Welles truccato in modo da sembrare Stalin). Ha scritto Morando Morandini (ne "il Morandini", Zanichelli editore): «Da un romanzo di Eric Ambler, sceneggiato da Cotten e Welles, un thriller spionistico RKO ad alta tensione che a livello stilistico è impregnato di tocchi ed eccessi wellesiani. Welles dichiarò di aver "disegnato" il film senza averne diretto le riprese. Ne fu, comunque, il supervisore, l'eminenza grigia.». In una sua intervista Welles, che aveva scritto la sceneggiatura ed era stato molto vicino alla direzione del film da parte di quel che era un suo caro amico, disse: «Ė orribile quello che gli hanno fatto, perché la nostra sceneggiatura era ottima, e avrebbe dovuto essere un film più che decente. Buon cast e tutto. Era il contrario di un film d’azione, perché era basato su quelle cose che Ambler scrive tanto bene, gli antieroi, l’antiazione, eccetera. E quelli hanno tolto tutti i motivi d’interesse tranne l’azione, cercando disperatamente di trasformarlo in un film d’azione di serie B. Ne hanno ricavato un bel po' di solido nulla... Montaggio è una parola grossa, semmai una falciatura con il tosaerba rotto.» ("Journey into Fear" di Lorenzo Pellizzari, http://www.lafuriaumana.it/index.php/archive/51-la-furia-umana-nd-4-springtime-2010/150-journey-into-the-fear). E anche in questo film prevalgono le suggestioni del buio della notte e dell'oscurità degli interni o dei lividi corridoi della nave (creati dall'ottima fotografia di Karl Struss). Daniel Mann fece un "pallido remake" del film di Foster nel 1975 (distribuito col titolo La via della paura) con Sherley Winters, Vincent Price e Sam Waterston.  


Dal romanzo di Eric Ambler The Light of Day (1962), adattato da Monja Danischewsky e diretto e prodotto da Jules Dassin, fu tratto il memorabile film Topkapi (1964) con Melina Mercouri (che diventerà più tardi la moglie di Dassin), Maximilian Schell, Peter Ustinov – che vinse nel 1964 l'Oscar per il miglior attore non protagonista, nonostante avesse un ruolo primario nel film –, Robert Morley, Gilles Ségal e Akim Tamiroff. Il film (un giallo divertente e ben girato e recitato, ricco di humor e ritmo, che si avvaleva della grande fotografia di Henri Alekan) narra le vicende di un'affascinante avventuriera, Elizabeth Lipp, e del suo ex amante Walter Harper, un criminale svizzero; insieme, organizzano l'acrobatico furto di un preziosissimo diamante incastonato in un pugnale conservato nel Museo di Costantinopoli (il Topkapi) con misure di sicurezza a prova di ladro. I due utilizzano una banda d'individui scelti e addestrati per un'esecuzione studiata al millimetro: un eccentrico tecnico britannico, un acrobata muto e un ladro–falsario, spregevole e pasticcione, di origini angloegiziane che senza saperlo viene reclutato come autista di una macchina di lusso piena di armi ed esplosivo e che in un secondo tempo viene assunto dlla polizia per spiare Lipp e Harper. Malgrado alcuni inevitabili inciampi il colpo riesce ma, per una serie di errori apparentemente insignificanti, si giunge alla rovina di quel piano così complicato e studiato nei più piccoli particolari. Il film si chiude con la gang in una prigione turca e l'incontenibile Lipp che illustra il suo nuovo piano di rubare i gioielli imperiali russi al Cremlino. Ispirato da "Rififi", girato dallo stesso Dassin nel 1955, ha ispirato a sua volta "Mission: impossible" diretto nel 1996 da Brian De Palma con Tom Cruise.

Ambler ha sceneggiato il film bellico inglese Mare crudele (The Cruel Sea), diretto nel 1953 da Charles Frend (il soggetto era di Nicholas Monsarrat), interpretato da Jack Hawkins, Donald Sinden, Denholm Elliott, Virginia McKenna, Bruce Seton e Liam Redmond. Questa sceneggiatura non oripginale valse allo scrittore nello stesso anno la nomination all’Oscar. Ambientato durante la Seconda guerra mondiale, il film narra le tragiche vicende del colonnello Ericson e del suo aiuto, al comando di una corvetta della marina britannica, la Compass Rose, e di un equipaggio senza esperienza e mal affiatato. Scortando diversi convogli in mare aperto, la corvetta riesce a solcare più volte l'Oceano Atlantico ma, dopo tre anni di servizio,  viene silurata dai tedeschi causando la morte di gran parte dell'equipaggio. Il colonnello Ericson solcherà di nuovo il mare con una nuova corvetta ma stavolta riuscirà a vendicare la sua prima sconfitta distruggendo un sommergibile tedesco.

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