martedì 15 novembre 2011

Bjørnstjerne Bjørnson, apripista del teatro moderno



Bjørnstjerne Bjørnson



Cento anni addietro, il 26 aprile del 1910, moriva a Parigi il grande drammaturgo norvegese Bjørnstjerne Martinus Bjørnson, Premio Nobel per la Letteratura nel 1903.

Nato a Kvikne nel 1832, contribuì alla nascita della drammaturgia scandinava, grande e moderna nell'affrontare con consapevolezza e serietà morale i conflitti sociali, i dissidi familiari e la condizione dell'uomo nell’Ottocento: per intenderci, quella di Ibsen – che fu un suo giovane compagno di studi (scrisse Bjørnson: «Peer Gynt è magnifico, soltanto un norvegese può capire com'esso è bello») – e di Strindberg, il drammaturgo svedese che con crudezza diceva di scrivere con l’ascia e non con la penna i suoi «capolavori di dura psicologia».

Figlia di questa drammaturgia fu anche l'alta filmografia nordica di Victor Sjöstrom, Carl Theo­dor Dreyer e Ingmar Bergman.

D'altra parte, quella fu certamente l'età d'oro della letteratura scandinava: come dimenticare Selma Lagerlöf (prima donna e primo scrittore svedese a vincere il Nobel nel 1909) o la scrittrice norvegese Sigrid Undset (interprete dei problemi della donna moderna e premio Nobel nel 1928).

Figlio di un umile pastore protestante, portatore di una rigida osservanza religiosa (e questo fu un background comune agli autori scandinavi citati, tutti soffocati da un repressivo e grigio ambiente piccolo–borghese), Bjørnson studiò prima a Molden e poi a Oslo ma non riuscì a concludere gli studi universitari, dedicandosi giovanissimo al giornalismo e alla drammaturgia.

Visse con volitivo entusiasmo e con senso radical–liberale lo spirito rivoluzionario che serpeggiava nell’Europa del tempo. Durante un soggiorno a Copenaghen si diede allo studio approfondito della filosofia esistenzialista di Kierkegaard, dalla cui opera trasse vivo nutrimento.

Coinvolto attivamente nel movimento per la creazione di un Teatro Nazionale Norvegese, fu direttore del teatro di Bergen (dove prima di lui aveva primeggiato Ibsen) e passò poi al teatro di Oslo, prendendo familiarità con la rappresentazione teatrale e con la polvere del palcoscenico.

Tra il 1860 e il 1863 viaggiò in lungo e in largo, lontano dai grigi e piovosi luoghi nativi, andando in America, Francia, Germania e Italia (che amò tanto da ritornarvi tra il 1873 e il 1875, e che lo ricambiò traducendo in italiano nella prima metà del Novecento quasi tutte le sue opere).

Numerosissimi i drammi scritti: i primi di argomento storico (Tra le battaglie), i secondi ispirati alle antiche saghe (Hulda la zoppa, Re Sverre, e Sigurd il Cattivo), i successivi di tematica sociale (Gli sposi novelli e La figlia del pescatore), gli ultimi volti alle inquietudini che dilaniavano la borghesia del tempo, della quale svelò ipocrisie, compromessi e crisi morale (Il redattore, Un fallimento, Il Re – che coincise con una grave crisi religiosa e il rifiuto dei dogmi della Chiesa – , Il nuovo sistema, e Leonarda).

Scrisse anche numerosi racconti: La fattoria del sole, prima opera, fresca e significativa, che gli diede fama in tutta la Scandinavia, cui seguirono Racconti brevi e Poesie e Canzoni (antologia di ballate e canti popolari che conteneva «Si, noi amiamo questo paese», che divenne l'inno nazionale norvegese). 

Nel 1882 abbandonò la Norvegia e rimase per cinque anni all'estero; in questo periodo i suoi temi ruotarono intorno a una nuova morale fondata sulle verità scientifiche: Un Guanto e Al di là delle nostre forze, una famosissima pièce e un grande classico del teatro nordico in cui combatté l'«esigenza dell'impossibile» propria del Cristianesimo (parabola sullo scacco dell’uomo che, accorgendosi di una religione che ha bisogno dei miracoli, si rivolge alla scienza); assente in Italia da più di cinquant’anni, in occasione del centenario dalla morte dell'autore, il test è stato riportato in libreria da Iperborea con la collaborazione dell’Ambasciata Norvegese in Italia.

Seguirono Laboremus e Paul Lange e Tora Parsberg, opere alquanto appesantite da malcelati intenti educativi (l'apostolo politico prendeva il sopravvento sul poeta). Negli ultimi anni di vita ritornò, però, all'antica semplicità e all'ingenuo lirismo dei primi anni col romanzo Mary e con la commedia Quando fiorisce il vino nuovo, opere d’impianto realista ma in un tenue ammanto lirico.

Nell’ambito delle iniziative per la celebrazione dell’anno di giubileo per la Norvegia in Italia, il 15 aprile si è celebrato a Roma il convegno “Bjørnstjerne Bjørnson e l'Italia: letteratura, arte, politica”, che ha approfondito i soggiorni romani del drammaturgo tra il 1860 (in pieno Risorgimento) e il 1908, e che ha visto il coinvolgimento dell’Istituto di Norvegia e del Circolo scandinavo, antico luogo d’incontro degli artisti del nord che quest’anno celebra i 150 anni dalla sua fondazione: vi sono fermati tra gli altri Bjørnson e il grande compositore norvegese Edvard Grieg, che ha musicato una delle sue opere maggiori (il poema lirico Bergliot) e che nel 1871 ebbe modo di scrivere sul libro degli ospiti del Circolo: «Qui ho trovato la quiete necessaria per approfondire la conoscenza delle grandiosità che mi circondano… sento che quaggiù si sviluppa uno sguardo più libero e versatile sul mondo e sull’arte nel suo insieme...»).


Il 16 aprile si è tenuto a Milano un analogo convegno con il coinvolgimento degli Insegnamenti di Scandinavistica dell’Università di Milano e con la collaborazione della Reale Ambasciata di Norvegia. (www.zam.it, News, 26/4/2010)

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