martedì 22 novembre 2011

Paulette Goddard, la tenera amante di Charlie il Vagabondo



Paulette Goddard



Cento anni addietro (il 3 giugno del 1910) nasceva a New York l'indimenticabile attrice cinematografica Pauline Marion Levy, meglio conosciuta come Paulette Goddard.

Nata da genitori divorziati, abbandonata dal padre (non si riconcilieranno mai, e lui dopo la sua morte in sfregio le lasciò soltanto un dollaro di eredità), visse un'infanzia di stenti con la madre.

Il prozio Charles Goddard (fratello del nonno) la sostenne economicamente e l'aiutò all'età di 13 anni a divenire un'attrice delle Ziegfeld Follies, scegliendo come pseudonimo il cognome della madre (Paulette era allora di una bellezza travolgente e faceva impazzire tutti gli uomini!).

Nel 1926 – ad appena sedici anni – sposò un magnate del legno col quale visse nel lusso per quattro anni, sino al divorzio che la rese una donna ricca. Andata a Hollywood con la madre, intraprese i primi passi della sua carriera: recitò con S. Laurel e O. Hardy, con B. Grable, L. Ball, A. Sothern e J. Wyman (costituendo le "Goldwyn Girls"), e con il comico E. Cantor col quale girò The Kid from Spain (1932). Ma fece un vero salto di qualità nel 1932 quando incontrò Charlie Chaplin, con il quale lavorò per circa otto anni.

Col primo film Tempi moderni (Modern Times) (1936), iniziò anche un sodalizio sentimentale: andarono a convivere nella casa di Chaplin a Beverly Hills ma Charlie la presentava come moglie (esistono però forti dubbi sul segreto matrimonio, avvenuto a Canton in Cina durante un giro del mondo). E il finale di questo film splenderà per forza poetica nella storia del cinema: due piccole figurine scure, due teneri e complici vagabondi, che insieme e felici percorrono – tenendosi per mano – il centro di una strada luminosa, lontano dagli stress del moderno mondo tecnologico e dinanzi a un sole che mai tramonta.

In tempi d'ipocrisia e di bigotto moralismo, la relazione more–uxorio della Goddard fece sì che la sua carriera subisse uno stop: non ottenne tra l'altro l'ambito ruolo di Rossella O' Hara in Via col vento (Gone with the Wind) (1939), in quanto non fu in grado di dimostrare d'esser veramente sposata. Nonostante ciò recitò in altri successi, tra i quali Il fantasma di mezzanotte (The Cat and the Canary) (1939) con Bob Hope, che le guadagnò un contratto di dieci anni con i Paramount Studios, e Donne (The Women) (1939) di George Cukor.

Del 1940 è la partecipazione al capolavoro di Chaplin Il grande dittatore (The Great Dictator), primo film sonoro del regista e ultimo del vagabondo, che con toni di feroce parodia narra di un barbiere ebreo che sul finire della prima guerra mondiale perde la memoria e resta confinato per venti anni in un ospedale psichiatrico militare; ritornato a Tomania e alla sua bottega nel ghetto, mostra il suo animo ingenuo ma tenace reagendo ai soprusi della polizia del malvagio dittatore Hynkel che perseguita gli Ebrei e provocando l'amore della bella Hanna.

Molto somigliante al barbiere ebreo, il dittatore viene scambiato per lui e arrestato; e il piccolo omino dagli occhi tristi – tenendo il suo primo discorso da dittatore – lancerà a tutto il mondo (e all'amata Hanna) un coraggioso messaggio di libertà e amore, che in tutti riaccende la speranza perduta (tra l'altro, Hitler era coetaneo di Chaplin e i due si somigliavano veramente).

Vietata in quasi tutta l'Europa dal 1940 al 1945, la pellicola uscì in Italia nel 1945 dopo la caduta del fascismo in versione integrale e sottotitolata. Il film, che fece il giro del mondo, trasformò la Goddard in una diva incontrastata ma purtroppo il rapporto col regista era ormai arrivato al capolinea (sembra che Paulette fosse anche indignata per il suo nome inserito nella parte bassa della locandina); si lasciarono nel 1942.

Seguirono ancora l'acclamato musical Follie di jazz (Second Chorus) (1941) con F. Astaire che le fece incontrare l'attore Burgess Meredith che divenne il suo terzo marito (si sa di un aborto patito da Paulette nel 1944); Sorelle in armi (So Proudly We Hail!) (1943), per il quale ricevette la sua unica nomination agli Oscar; Kitty (1945) di M. Leisen; Il diario di una cameriera (The Diary of a Chambermaid) (1946) di J. Renoir, girato insieme a Meredith; Gli invincibili (Unconquered) (1947) di C. B. DeMille; e La strada della felicità (On Our Merry Way) (1948) di K. Vidor.

In Italia la Goddard fu doppiata dalla grande Lydia Simoneschi (1908–1981), che negli anni '30 prestava la sua calda stupenda voce a tutte le più grandi dive di Hollywood.

La carriera di Paulette cominciò a declinare nei tardi anni '40 e, dopo aver partecipato a dei "B movies", lasciò il cinema e abbandonò l'America per andare a vivere in Europa.

Nel 1958 conobbe il grande scrittore tedesco E.M. Remarque (autore dell'immortale Niente di nuovo sul fronte occidentale): fu subito grande amore e si sposarono stabilendosi a Ronco nei pressi di Ascona, nel Canton Ticino.

Soltanto nel 1964 la Goddard si decise a recitare nel bel film italiano di F. Maselli Gli indifferenti, tratto dal famoso romanzo di A. Moravia che, con spietatezza, agli albori del fascismo guardava a un mondo piccolo borghese pieno di cinismo e indifferenza morale (la pellicola nel 1965 vinse il Nastro d'Argento per la migliore scenografia).

Paulette v'interpreta in modo superbo Mariagrazia, una madre stolta e cieca, «perduta nell’o­scu­rità» e risoluta a non voltarsi verso la verità, che – minacciata dalla rovina economica e dalla paura di diventare povera – lascia che il suo amante Leo (R. Steiger), uomo sensuale e corrotto, spadroneggi nella sua casa e sui suoi figli infelici, Michele (T. Milian) e Carla (C. Cardinale), ragazzi indifferenti e sfiduciati, che vivono attanagliati dalla noia in una soffocante vita abitudinaria.

Durante le riprese G. Di Venanzo, responsabile dell'ottima fotografia, lavorava per creare una im­magine «tragica, cadaverica, degenerata» con così poca luce che Paulette esplose: «Accendete la luce per favore, non ci si vede qui!».

Nel 1970 si spense Remarque, ma la Goddard non abbandonò Ronco (paese tra l'altro molto vicino a quello in cui vivevano Chaplin e la moglie Oona); ammalatasi di cancro al seno, morì il 23 aprile del 1990 per complicanze tardive (e a Ronco è stata sepolta, insieme alla madre e all'amato Erich).

Non ebbe figli, anche se quelli di Chaplin la ricordavano con affetto e Charles Jr, nel suo libro di memorie My Father Charlie Chaplin (1960), la citava come «una donna intelligente, deliziosa e amorevole».

Nel suo testamento, l'attrice lasciò più di 20 milioni di dollari alla New York University, che in suo onore le dedicò la Paulette Goddard Hall al 79 della Washington Square East in New York City. ("Persinsala.it", 3 giugno 2010)

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