domenica 8 gennaio 2012

La Sirenetta: fiabe e psicologia



Hans Christian Andersen


La programmazione di "Rai uno" ha chiuso in bellezza il 2011 con una stupenda favola dello scrittore e poeta danese Hans Christian Andersen (1805–1875), La Sirenetta (The Little Mermaid), nella versione animata Disney, trasmessa il 26 dicembre 2011. Il film è stato trasmesso in 1ª TV assoluta ed è stato un successo di ascolti.

"La Sirenetta" è il 28° lungometraggio Disney e un vero capolavoro; apparso nel 1989, per la regia di Ron Clements e John Musker, è stato presentato fuori concorso al 43º Festival di Cannes e vinse l'Oscar per la colonna sonora di Alan Menken e per la canzone "In fondo al mar" (Under the Sea) (composta da Alan Menken su testo di Howard Ashman, quest'ultimo anche produttore del film). è la storia immortale di una piccola sirenetta che ha disubbidito al padre che le ha vietato di salire in superficie e s'innamora di Eric, salvato, grazie a lei, dall'annegamento in seguito al naufragio della sua nave nella tempesta. Il film di Disney ha un finale felice a differenza della fiaba originaria di Andersen.

La Sirenetta è divenuta l’emblema di Copenaghen, città amata da Andersen, che l'ha ricambiato dello stesso caldo sentimento: una delicata ed eterea statua di bronzo è stata eretta su di uno scoglio rotondo nei pressi della spuma del mare della città e sembra guardare «verso l’oriente, dove l’alba stava per spun­tare, – l’alba che col primo suo raggio, ella pur troppo lo sapeva, l’a­vrebbe uccisa». La fiaba di Andersen è molto lunga e ricca d’inven­zioni fantasiose riguardanti il regno del mare, il castello di corallo e l’ambiente della «gente del mare» (il film di Disney ha saputo essere all'altezza con riferimento a queste invenzioni). In modo romantico, la fiaba di Andersen racconta l’amore infelice della sirenetta (dagli «occhi azzurri come il mare più profondo») – che sin da bambina aveva vagheggiato il mondo dei mortali – per il bel giovane principe dagli occhi neri. È un amore impossibile ma grandissimo, che cozza inevitabilmente contro tutti gli ostacoli imposti dalla Natura (con riferimento alla latente omosessualità di Hans Christian, nella favola c’è forse qualcosa di autobiografico).

La nonna spiega alla sirenetta l’unica condizione, grazie alla quale il grande amore di un uomo potrebbe concederle un’anima immortale: «Solo se un uomo ti amasse tanto che tu divenissi per lui più del padre e della madre; solo se egli si legasse a te con ogni suo pensiero e con tutto il suo amore, e volesse che un sacerdote mettesse la tua mano nella sua con una promessa di fedeltà, per la vita e tutta l’eternità, allora un’anima pari alla sua sarebbe concessa al tuo corpo, e tu parteciperesti della felicità umana. Egli darebbe a te un’anima e pure non perderebbe la sua.». Mi sembra che, con notevole sensibilità e in poche righe, Hans abbia saputo esprimere cosa debba essere il vero amore tra un uomo e una donna.

In realtà, tra le pieghe della favola, affiora anche qualcosa di più alto: la forte spiritualità della sirenetta che, oltre allo struggimento amoroso, mostra il sogno tutto religioso di una «bramata anima umana immortale» e della conquista del regno dei Cieli. Alla fine della fiaba, la sirenetta, divenuta una figlia dell’a­ria, non riesce a ottenere l’amore umano per il quale aveva tanto sofferto, ma con la sua bontà si guadagna l’amore divino e il Paradiso. La morte della Sirenetta – che sembrerebbe sancire il suo fallimento amoroso – segna invece la sua rinascita soprannaturale (metafora evidente di una crescita interiore e di una rinascita a un livello esistenziale superiore, a una vita più piena e felice).

La lettura di una favola dovrebbe essere fatta in senso psicologico. Nella storia dell’essere umano la fiaba ha certamente stimolato l’immaginazione dell’uomo, ha contribuito a costruire i suoi ideali, ha espresso delle verità morali, ha regalato dei meravigliosi prototipi e ha fornito degli esaltanti modelli di comportamento per un'eccellente relazione amorosa, lasciando sempre la speranza dello “happy end”. Sotto quest’ultimo profilo, le fiabe mostrano che la cosa più desiderabile nell’e­sistenza umana è proprio l'armonioso rapporto amoroso tra due esseri umani destinati a «vivere felici per sempre».

Il grande Italo Calvino (1923–1985), autore di Fiabe italiane (“I Millenni” di Einaudi, Torino 1956), da novello “Grimm italiano”, ha raccolto tutte le storie «tratte dalla bocca del popolo nei vari dialetti» e ha fatto un'interessante riflessione: Calvino era convinto che la fiaba fosse la voce autentica dell’infanzia di ogni individuo e che «le fiabe sono vere... una spiegazione generale della vita... il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che è appunto il farsi di un destino».


Lo psicanalista–psicoterapeuta viennese Bruno Bettelheim (1903–1990), nel suo saggio "Il mondo incantato – Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe" (Feltrinelli, Milano 1977), ha scritto che le fiabe insegnano sia al bambino sia all’adulto come creare un «rapporto di autentica intimità con l’altro», superando una «realizzazione personale unica» e mostrando che «in un buon matrimonio ciascuno troverà la realizzazione sessuale di quelli che erano parsi sogni impossibili […]». Attraverso la contemporanea trasmissione di «significati palesi e velati», per Bettelheim, le fiabe sono «rivelatrici circa i problemi interiori degli esseri umani e le giuste soluzioni alle loro difficoltà in qualsiasi società» e sono «rappresentazioni simboliche di fondamentali esperienze umane... rappresentazioni esterne di problemi interiori». Scrive Bettelheim: «Soltanto se una fiaba rispondeva alle esigenze consce e inconsce di molte persone, veniva narrata molte volte e ascoltata con grande interesse.». Quanto più la fiaba è ricca di fascino vero, tanto più essa viene tramandata di generazione in ge­nerazione, in quanto raggiunge un importante significato profondo e va incontro a un innato bisogno dell’uomo. In realtà, questo è abbastanza vero per qualsiasi testo letterario che sia ritenuto universale: esso riesce a volare al di là di qualsiasi scuola o tendenza artistica, indipendentemente dal tempo, dal posto, dalla politica o dalla religione.

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