lunedì 2 gennaio 2012

Tennessee Williams, un grande teatro e tanto bel cinema



Tennessee Williams



Cento anni addietro, il 26 marzo del 1911, nasceva a Columbus (Mississippi) il grandissimo drammaturgo americano Tennessee Williams, che ha regalato ai grandi del cinema la forza dei suoi drammi.

La sua famiglia si trasferì a St. Louis (Missouri) e il ragazzo attraversò un periodo difficile sia perché il padre non amava quel figlio al di fuori dei canoni del sano maschio americano, sia perché l'amata sorella Rose – i due fratelli avevano l'empatia di due gemelli – si ammalò di schizofrenia e più tardi fu lobotomizzata trasformandosi in un vegetale. Nonostante vivesse con discrezione la sua omosessualità, l'aveva accettata – così scriveva nelle sue "Memorie" (1975) – ma l'inevitabile disagio vissuto fece sì che soffrisse di ansia e di crisi depressive (e più tardi di dipendenza da alcol e farmaci), provocate anche dal terrore di cadere nella follia allo stesso modo della sorella.

Per tre anni studiò giornalismo all'University of Missouri, per un anno fu alla Washington University in St. Louis e finì poi per laurearsi nel 1938 presso l'University of Iowa. Iniziò, però, ben presto a scrivere di teatro: ebbe modo di dire che il teatro aveva salvato la sua vita. Con i cinque atti unici di American Blues (che gli meritarono un premio della Fondazione Rockefeller), cambiò il suo primo nome da Thomas a Tennessee (lo Stato in cui era nato il padre).

Tra il 1939 e il 1944 si mosse tra diverse città degli Stati Uniti vivendo nei quartieri degli artisti, e nel 1943 andò a Hollywood ove firmò un contratto con la MGM come sceneggiatore (non si dimostrò, tuttavia, particolarmente abile in questo mestiere, tanto che i suoi testi furono magistralmente sceneggiati da altri). Stabilì poi la sua sede quasi definitiva a New Orleans, continuando, però, la sua vita vagabonda (amò molto l'Italia e la Sicilia).

Nel 1944 Lo zoo di vetro (The Glass Menagerie), un dramma sentimentale e delicato, ebbe un successo enorme; il cinema lo trasformò nello straordinario film di I. Rapper (1950) con Kirk Douglas e Jane Wyman. Nel 1946 Visconti lo portò in scena con R. Morelli, P. Stoppa e G. De Lullo.

Tre anni dopo, nel 1947, Williams bissò il successo con Un tram che si chiama Desiderio (A Streetcar Named Desire), un melodramma crudo e sopra le righe, nel quale la protagonista Blanche DuBois, infelice e fragile, in bilico tra voglia di vivere e desiderio di morte, sembrava ricalcare il sofferto carattere dell'amatissima sorella Rose. A Broadway, nel 1947, Jessica Tandy fu una superba Blanche mentre Marlon Brando interpretò con tono di verità rimasto insuperato il brutale e virile Stanley Kowalski (la stupenda regia era di Elia Kazan, che nel 1951 traspose il testo per il cinema con Vivien Leigh e lo stesso Brando). In Italia, nel 1949, sempre Visconti portò sulla scena un'indimenticabile versione del dramma con Rina Morelli, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni; la scenografia era di Zeffirelli (un amico di Williams, il quale lo riteneva «his lover»), che nel 1948 lo chiamò ad Aci Trezza sul set di "La terra trema".

I drammi successivi non ebbero il grande successo dei precedenti; ricordiamo Estate e fumo (Summer and Smoke) (1947) e La rosa tatuata (The Rose Tattoo) (1951), che diede origine nel 1955 al vivace e divertente film diretto da Daniel Mann con la nostra grandissima Anna Magnani (voluta espressamente da Williams nel ruolo della vedova appassionata Serafina delle Rose) e con Burt Lancaster nel ruolo del goffo camionista Alvaro Mangiacavallo, che portava sul petto la stessa rosa tatuata dell'amatissimo ma infedele marito di lei, morto in modo drammatico (il film ricevette otto nomination agli Oscar nel 1956).

Iniziò poi un periodo difficile per Williams, che si sentiva abbandonato dai critici e dal pubblico, ma ritornò al grande successo con La gatta sul tetto che scotta (Cat on a Hot Tin Roof) (1955), che ispirò il bel film di Richard Brooks (1958) con Liz Taylor e Paul Newman (l'omosessualità vi era appena suggerita), e con La bambola viva (Baby Doll), una commedia nera tratta dall'atto unico 27 Wagons Full of Cotton (1946) e diretta nel 1956 da Elia Kazan con Karl Malden e Carroll Baker (il film fu bersagliato dalla censura). Seguì Improvvisamente l'estate scorsa (Suddenly, Last Summer) (1957), da cui fu tratto nel 1959 l'ambiguo film diretto da J.L. Mankiewicz che ricevette tre nomination agli Oscar del 1960 (per Katerine Hepburn e Liz Taylor, e per la migliore scenografia): il film era pervaso dai soliti "fantasmi" dello scrittore: omosessualità repressa, malattia mentale e paura della lobotomia.

Nell'ambito di un'enorme prolificità di scrittura, Williams ebbe modo di cogliere ancora il successo con i due drammi utilizzati dal cinema La dolce ala della giovinezza (Sweet Bird of Youth) (1959) – il film fu diretto nel 1962 da Brooks con Paul Newman e Geraldine Page – e La notte dell'iguana (The Night of Iguana) (1961) – il film del 1964 fu girato dal grande John Huston con Debora Kerr e Richard Burton.

Gli ultimi anni di vita di Williams (che aveva perso per un cancro il suo compagno di vita) furono funestati da gravi crisi depressive che coincisero con il venir meno dell'ispirazione e dell'affetto dei suoi lettori. Due volte premio Pulitzer (1948 e 1955) e destinatario della "Medaglia presidenziale della libertà" (1980), Tennessee Williams morì il 25 febbraio del 1983 in un hotel di New York City, forse per un'overdose di alcol e barbiturici (aveva 71 anni e si sentiva solo e infelice). ("Persinsala.it", 25 marzo 2011)

P.S. Dalla sua famiglia problematica Williams trasse grande ispirazione; scrisse Elia Kazan: «Ogni cosa della sua vita è nei suoi drammi, e ogni cosa dei suoi drammi è nella sua vita». I suoi morbosi personaggi si agitavano in bilico tra ideali e frustrazioni, tra amore per la vita e desiderio di morte, tra nevrosi e vitalismo sessuale, ed erano la proiezione delle fantasie erotiche dello scrittore.

Ebbe una vera passione per la Sicilia: fu ad Aci Trezza nel 1948 sul set de "La terra trema" di Visconti (pubblicò l'articolo "A film in Sicily") e ritornò più volte a Taormina che appagava la sua calda sensualità (vi fu nel 1958 con Anna Magnani e nel 1980, quando venne intervistato da Piero Isgrò per Rai Due). Disse di amare il mare ove «nuotare, nuotare, nuotare nelle acque sempre fresche, fredde» e il sud con «il sangue, il calore, perché dopo la morte si ha abbastanza tempo per essere freddi» (da "Le estati a Taormina di T.W." di Silvestro Livolsi, Repubblica 2008).

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