martedì 27 marzo 2012

Franco Coop, caratterista nel cinema e nella TV degli inizi



Totò e Franco Coop



Cinquant'anni addietro, il 27 marzo del 1962, moriva a Roma l'attore caratterista molto noto al pubblico del cinema e della magica TV degli anni cinquanta, Franco Coop, nato a Napoli il 27 settembre del 1891.

Di ottima e nobile famiglia, aveva l'aplomb alto e dinoccolato dell'uomo fine e aristocratico. Era il figlio di un illustre clinico, il prof. Silvio.

Si formò sui palcoscenici d'Italia. Debuttò in teatro nel 1916 con la compagnia Di Lorenzo–Falconi. Nel 1921 entrò a far parte del Teatro del Popolo e nel 1923 lavorò con il Teatro degli Italiani, nella compagnia del regista–produttore romano Lucio D'Ambra (1880–1939). Recitò a fianco di tutti i grandi attori del tempo, di quegli artisti che hanno lasciato una traccia indelebile nel grande teatro italiano, tra i quali sono da ricordare: Ermete Zacconi, Camillo Pilotto, Lamberto Pio Picasso, Uberto Palmarini,  Alda Borelli ed Ernesto Ferrero. Nella stagione 1927–28 fu con Emma e Irma Gramatica in tournée per l'Europa. Nel 1929 entrò a far parte della Compagnia degli Spettacoli Za–Bum, diretta da Mario Mattòli e guidata dall'impresario Luciano Ramo, uomini di spettacolo che avevano intuito le grandi possibilità insite nell'aprire la rivista agli attori di prosa; si fece le ossa accanto ad attori immortali, quali Vittorio de Sica, Alberto Sordi, Erminio Macario, Aldo Fabrizi, Enrico Viarisio, Umberto Melnati e Giuditta Rissone, e Coop si distinse in ruoli brillanti e pieni di humour. Nel 1937 si fece applaudire nella parte del giullare di uno spettacolo rimasto mitico, Francesca da Rimini di Gabriele D'Annunzio, con Andreina Pagnai, Filippo Scelzo, Sandro Ruffini e un esordiente Aroldo Tieri, per la regia di Renato Simoni (al Teatro Argentina di Roma) (vedere su: Enrico Lancia, Roberto Poppi, Dizionario del cinema italiano. Gli attori. A - L, Gremese, 2003).

Negli anni Trenta, partecipò spesso e volentieri a spettacoli del Teatro di Rivista: nel 1938 fece parte della compagnia di rivista Pina Renzi–Ermanno Roveri e nel 1946 partecipò alla messa in scena di Mettiamo l'occhio al buco di Fausto Pantosti, con Chiaretta Gelli e Franco Sportelli, per la regia dello stesso autore.

Il debutto nel cinema avvenne insieme al sonoro, per la Cines, con  Corte d’Assise di Guido Brignone nel 1930. Ben presto Franco Coop divenne uno dei caratteristi più amati e richiesti dal cinema italiano. Aveva sposato l'attrice Maria Montesano, che si era fatta notare ne Gli Uomini che Mascalzoni (1932) di Mario Camerini (vedere su: Enrico Lancia, Roberto Poppi, Dizionario del cinema italiano. Gli attori. A–L, Gremese, 2003). In un periodo compreso tra gli anni trenta e i primi anni sessanta, fu una gradita presenza in più di ottanta film, talora insieme al grande Totò. Della sua estesa filmografia ricordo soltanto qualche film più significativo: Terra madre (1931) e Aldebaran (1935) di Alessandro Blasetti; La signora di tutti (1934) di Max Ophüls con Isa Miranda e Memo Benassi; Darò un milione (1935) di Mario Camerini; Sette giorni all'altro mondo (1936), Gli ultimi giorni di Pompeo (1937) e Non perdiamo la testa (1959) di Mario Mattòli; Fermo con le mani! (1937) di Gero Zambuto – il primo film del grande Totò –; È tornato carnevale (1937) e L'albergo degli assenti (1938) di Raffaello Matarazzo; Don Pasquale (1940), Quel fantasma di mio marito (1950), Café Chantant (1954), Le vacanze del sor Clemente (1954) e Totò, Vittorio e la dottoressa (1957) di Camillo Mastrocinque; San Giovanni Decollato (1940) di Amleto Palermi con Totò e Titina De Filippo; La fortuna viene dal cielo (1942) di Akos Rathonyi con Anna Magnani; Gelosia (1942) di Ferdinando Maria Poggioli; La beauté du diable (1949) di René Clair; La bisarca (1950) di Giorgio Simonelli; La presidentessa (1952) di Pietro Germi con Silvana Pampanini; L’arte di arrangiarsi (1954) di Luigi Zampa con Alberto Sordi; L'eterna Femmina (1954) di Marc Allégret con Valeria Morriconi; e – tra i suoi ultimi film – Il principe fusto (1960) di Maurizio Arena con Memmo Carotenuto e Lorella De Luca.

Si dedicò anche al doppiaggio, sia in Italia sia in Spagna (1943–1945) ove si trovò durante la Seconda Guerra Mondiale, insieme ad attori come Nerio Bernardi e Paola Barbara.

Nel 1953, Coop fece ritorno al grande teatro con la musa e l'interprete privilegiata di Luigi Pirandello, Marta Abba, in Come tu mi vuoi, scritta dal drammaturgo nel 1930, una delle ultime rappresentazioni della grande attrice, che qualche tempo dopo fu colpita da una paresi che la costrinse su una sedia a rotelle (morì nel 1988).

“Buon sangue non mente”: Franco Coop fu anche compositore e musicista; era nipote del noto pianista compositore Ernesto Coop (1859–1929), figlio a sua volta del grande compositore Ernesto Antonio Luigi (nato da genitori di origine inglese a Messina nel 1812 e morto nel 1879); Ernesto, che aveva studiato a Lipsia e a Weimar, fu compositore di opere ed operette.

Franco Coop amò, seguito dai suoi tanti fan, le trasmissioni di prosa prima all'EIAR e poi alla RAI, e fedele fu la sua presenza alle commedie e agli sceneggiati televisivi degli anni cinquanta e dei primissimi anni sessanta (e, proprio in queste occasioni, Coop ha colpito il mio immaginario infantile, restando impresso nella mia mente con i suoi tanti personaggi). Ricordo le seguenti commedie: Schiccheri è grande (1954) di Sabatino Lopez, nel quale Coop era l'interprete principale nella parte del Dottor Schiccheri, con Giulia Lazzarini, Renato De Carmine e Anna Maria Guarnieri, diretta da Silverio Blasi; I frutti dell'istruzione, di Lev Tolstoj, con Monica Vitti, Lucio Rama, Armando Bandini e Nino Pavese, per la regia di Claudio Fino, trasmessa nel 1955;  La cucina degli angeli (1957) di Albert Husson, con Pina Cei, Mario Scaccia e Carlo Ninchi, diretta da Alessandro Brissoni; e Milizia territoriale (1960) di Aldo De Benedetti, con Rina Centa, Silvia Monelli, Paola Borboni, Umberto Melnati, Osvaldo Ruggeri e Laura Solari, diretta da Claudio Fino.

Del 1958 è la miniserie televisiva – una delle prime – Mont Oriol, con Nino Besozzi, Giulia Lazzarini, Paolo Carlini, Paolo Ferrari, Sergio Tofano, un'esordiente Monica Vitti, Roldano Lupi e Renzo Palmer (Franco Coop interpretava il Dottor Latonne), diretta da Claudio Fino. Tratto da un romanzo di Guy de Maupassant (1850–1893), non ebbe il successo che ci si aspettava da una trama così ricca e scoppiettante, forse a causa del disincanto morale che pesa su questo, come sugli altri romanzi di Maupassant. In realtà, era un lavoro televisivo di grande gusto ed eleganza, curato negli sfarzosi costumi, sceneggiato mirabilmente dal commediografo Nicola Manzari, che restituiva al meglio l'ambientazione dell'epoca in una stazione termale alla moda, quella società volubile e affaristica raccontata con acume da uno scrittore indimenticabile.

E come dimenticare la partecipazione di Franco Coop a Il teatro dei ragazzi nel lontano 1958, mai dimenticato programma televisivo della fascia pomeridiana (la fascia oraria generalmente occupata dalla TV dei ragazzi, che purtroppo non esiste più), trasmesso il martedì per circa sei mesi, per la regia di Enrico Colosimo, Vittorio Brignole, Alessandro Brissoni e Angelo D'Alessandro, costituito da una serie di nove racconti per ragazzi, sceneggiati apposta per la TV da Nicola Manzari, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi ed Edoardo Anton, primo tentativo di fiction televisiva destinata a un pubblico giovane. Ero una ragazzina è ho imparato ad amare il cinema, il teatro e la televisione, conoscendo i più simpatici attori di allora, tra i quali Umberto Melnati, Adriana Innocenti, Annabella Cerliani, Silvano Piccardi, Odoardo Spadaro, Giancarlo Cobelli, Cesare Polacco e, per l'appunto, Franco Coop, del quale ricordo La farsa dell'avvocato Pathelin, sceneggiata da Guido Garda, per la regia di Alda Grimaldi. Il soggetto era stato tratto dal racconto di un anonimo francese del xv secolo, imperniato su un truffatore, truffato da un altro più furbo di lui (Vedere: Enciclopedia della televisione, a cura di Aldo Grasso, Garzanti, 2008).


Franco Coop partecipò anche ad alcune operette trasmesse dalla TV, un tipo di spettacolo ormai quasi scomparso dal teatro e dalla TV, totalmente sconosciuto al nostro pubblico più giovane. E questo è un vero delitto culturale! 

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