martedì 20 marzo 2012

La rosa purpurea del Cairo: amore, illusione e sogno nel cinema



The purple rose of Cairo



Nel lontano Trecento, Dante aveva scritto: «E’ l’amor / che muove il sole / e le altre stelle». Oggi, in questo Nord del mondo che detta tutte le più inique regole del gioco dell’esistenza, sembra che l’amore sia quasi morto, soffocato e stroncato dalle logiche economiche e dall’egoismo sfrenato che fa amare soltanto se stessi: in un imperante narcisismo, non resta più nulla per gli altri! E la cosa più terribile è che l’amore troppo spesso si esprime in modo così egoistico e crudele da divenire inseparabile dalla violenza. Ma nonostante tutto, esiste in noi un forte bisogno d’amore, una sete e una fame inesauribile di sentimenti da cui deriva il nostro continuo bisogno di ascoltare canzoni d’amore e di vedere film sentimentali (e spesso del cantante di successo o dell’attore protagonista ci innamoriamo infantilmente).

Ne La rosa purpurea del Cairo (The purple rose of Cairo) (1985), uno dei più bei film di Woody Allen (1935–) presentato fuori concorso al 38º Festival di Cannes – che è un inno alla forza del cinema come illusione e come fuga dalle miserie della vita –, il grande cineasta americano ci racconta con malinconica ironia l’invasione della realtà da parte del mondo della fantasia cinematografica, ove dominano i sentimenti eterni, il grande amore, il colpo di fulmine e l’amore a prima vista. Durante la grande depressione degli anni Trenta, a Manhattan, in New York, Cecilia (Mia Farrow), la camerierina di un bar, afflitta da un violento marito alcolizzato (Danny Aiello), un fannullone ottuso, maschilista e donnaiolo, ama andare di sera – in continuazione e da sola – al cinema “Gioiello” per consolare la sua triste esistenza e per sognare, vedendo e rivedendo il film “La rosa purpurea del Cairo”, interpretato dal suo attore preferito Gil (Jeff Daniels), che presta il suo volto e i suoi gesti al protagonista del film, Tom Baxter, il «poeta avventuroso ed esploratore». Un magico giorno, Tom inizia a guardare Cecilia con insistenza ed esce dallo schermo col suo casco e col suo vestito da esploratore (in mezzo alla sorpresa e allo stupore degli spettatori), scendendo in sala per portare Cecilia a passeggio. Tom è ingenuo e ignorante delle cose del mondo reale ma è l’uomo tenero e delicato, «coerente e affidabile» che ogni donna desidera. Sullo schermo, intanto, succede un putiferio: gli attori sono smarriti e non sanno cosa fare senza il loro protagonista; sui media impera lo scandalo; il regista e il produttore sono atterriti per quel che potrebbe combinare Tom Baxter «personaggio di un film allo stato brado», e le copie del film restando bloccate per l'assenza del protagonista facendo fallire la distribuzione del film. Dopo essere stati in giro per Manhattan, Tom introduce Cecilia all’interno del film e le fa vivere una splendida serata di sogno. L’attore Gil, che interpreta Tom Baxter, riesce a conoscere Cecilia e sembra invaghirsi di lei ma in realtà vuole convincerla a lasciare Tom, perché non vuole che il suo personaggio se ne vada in giro per il mondo a combinar guai.

Cecilia capisce allora che non può vivere dell’amore per un fantasma, per un essere immaginario, per la creatura di un sogno, anche se Tom l’ama «con l’ombra e con l’anima», anche se ogni respiro di lei «fa danzare il cuore» di Tom, anche se Tom la bacia «come ha sempre sognato che fossero i baci», anche se con Tom ha vissuto «un turbine di giornata», anche se Tom le dice che sognerà di lei e che i suoi sogni sono quelli di lei, anche se lei «ha adorato ogni istante» vissuto con Tom. Cecilia è una persona reale e, per quanto forte possa essere la tentazione, deve scegliere il mondo reale. Un altro romantico personaggio femminile del film, con insistenza, consiglia dallo schermo a Cecilia: «Vai con Tom, lui non ha difetti… stai gettando via la perfezione». E Tom la supplica, confermandole che il suo amore è vero, che egli è «sincero, affidabile, coraggioso, romantico e gran baciatore» e che l’ama intensamente. Gil interviene allora, sostenendo: «E io sono vero!». Tom Baxter rientra nello schermo distrutto e devastato. Cecilia ritorna a casa, ha il coraggio di lasciare quel bruto del marito – che l’avverte: «Questo non è cinema, è vita vera; e qua tornerai!» – e va all’incontro con Gil. L’attore, però, dopo che rientrando nello schermo Tom ha posto fine al caos provocato, lascia Cecilia e ritorna a Hollywood. Il mondo della realtà, come sempre, ha deluso Cecilia che, triste e sconsolata, piena di delusione e di senso d’inadeguatezza, entra al cinema “Gioiello”. Sullo schermo in un vortice magico ballano Ginger Rogers e Fred Astaire, e pian piano sul suo viso addolorato comincia a spuntare un pallido sorriso e gli occhi smorti riprendono a risplendere: il sogno ha nuovamente preso il sopravvento sulla misera realtà, facendole superare l’orrore della vita e coinvolgendola in una nuova magica illusione. Cecilia è persa altrove, là dove ancora vale la pena di vivere, là dove la vita piena è ancora possibile, là dove il colpo di fulmine è possibile, là dove l’amore è più forte della violenza di un marito laido, della grigia disperazione familiare, della delusione cocente per un uomo perduto, del continuo disinganno della quotidianità e delle inevitabili debolezze degli uomini e delle donne! Il film fece incetta di premi: si aggiudicò il Golden Globe per la migliore sceneggiatura, due premi BAFTA per il miglior film e la migliore sceneggiatura originale e il premio César come miglior film straniero. Su il Morandini (Zanichelli editore), Laura, Luisa e Morando Morandini hanno scritto: «Fondato sul principio dell'attraversamento dalla realtà alla finzione e viceversa (ripreso da Keaton di “Sherlock jr.”, 1924), è un film perfetto perché ha una trasparenza e una leggerezza che esimono da ogni sforzo d'interpretazione tanto incantevole è l'armonia tra la forma, il fondo e le sue componenti (intelligenza, tenerezza, malinconia, umorismo, comicità, ironia).».

Il cinema, che trova nell’amore una fonte inesauribile d’ispirazione, ha dato vita a film che sono spesso pieni di bellissime frasi d’amore, ed esistono sceneggiatori e registi cinematografici che non hanno nulla da invidiare ai grandi della letteratura, come Woody Allen. Il più carismatico attore americano del mondo della celluloide, Humphrey Bogart (18991957), forse l’attore più amato nonostante fosse bassino e calvo potente forza dell’illusione cinematografica: usava un vistoso parrucchino senza che il suo fascino ne fosse minimamente intaccato , eroe cinico ma dal cuore tenero come il burro nel film Il diritto di uccidere (1950) di Nicholas Ray, con sguardo languido e sorriso malinconico, ha pronunciato una delle frasi d’amore più belle e indimenticabili del cinema, diretta all’amata Laurel (Gloria Grahame) con l'affascinante voce italiana di Emilio Cigoli: «Sono nato quando lei mi ha baciato e sono morto quando mi ha lasciato. Ho vissuto le sole settimane in cui mi ha amato.». Questa frase altro non è che la citazione del noto aforisma del filosofo francese Claude Adrien Helvetius (17151771): «Non si vive se non il tempo che si ama».

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