giovedì 21 giugno 2012

Amore e “canzonette”


Franco Battiato                                     Charles Aznavour 


   Mina                  





Carmen Consoli















Vorrei introdurre l'argomento chiedendomi, e chiedendovi, che cos’è l’amore? è ovvio che la parola “amore” ha un significato universale in grado di abbracciare una moltitudine di sentimenti. Il miglior metodo per erudirsi in proposito, mi sembra la ricerca elementare dai più diffusi dizionari. Nel Dizionario di G. Devoto – G.C. Oli (Dizionari Le Monnier, Firenze 1971), una vecchia copia che tengo nella mia libreria, viene data la seguente  definizione di “Amore”: «fra due persone di sesso diverso, dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva e intuitiva, volta ad assicurare reciprocamente felicità o benessere o voluttà». Gli autori elencano, inoltre, i vari tipi d’amore: «appassionato, morboso, casto, sensuale, contrastato, romantico, platonico, carnale, materno, filiale, coniugale, familiare, di patria, per Dio, per il prossimo, eccetera». In realtà, il riferimento alle «due persone di sesso diverso» sconcerta alquanto perché sembra escludere completamente l’amore omosessuale, che pure è stato grandemente esaltato nella letteratura e che ha ispirato pagine di estrema bellezza: basti pensare a Saffo con le sue liriche struggenti e ai numerosi grandi poeti o scrittori omosessuali del passato e del presente. Un approfondimento ulteriore nella mia copia più aggiornata del Dizionario Garzanti (I Grandi Dizionari, Garzanti, Milano, 2005) consente di leggere sotto la voce “Amore”: «affetto intenso, sentimento di profonda tenerezza o devozione... inclinazione forte ed esclusiva per una persona, fondata sull’istinto sessuale, che si manifesta come desiderio fisico e piacere dell’unione affettiva». In questo dizionario più moderno, qualsiasi riferimento al sesso diverso è scomparso; questo succede perché, in questi ultimi trenta anni, il nostro modo di sentire è certamente (e per fortuna) molto cambiato. Nel dizionario inglese The New Shorter Oxford English Dictionary (Clarendon Press, Oxford, 1999) ho trovato una deliziosa definizione dell’amore; sotto la voce “Love”, viene riportato testualmente: «That state of feeling with regard to a person which manifests itself in concern for the person’s welfare, pleasure in his or her presence, and often desire for his or her approval; deep affection; strong emotional attachment… sexual passion… amatory relations… (Quel sentimento rivolto a una persona, che si manifesta con l’interesse per il benessere di qualcuno, col piacere per la sua presenza, e spesso col desiderio per la sua approvazione; affetto profondo; forte attaccamento emotivo… passione sessuale… relazioni amorose…)». 

Dovendo dare una definizione sintetica dell’“Amore”, che includa anche l’amore omosessuale, parlerei di un rapporto intersessuale selettivo ed elettivo che comprenda reciprocità, intesa, solidarietà e possesso. Accanto alla capacità di aprirci all’amato, richiamerei anche l’importanza di tentare di cambiare noi stessi nell’amore per l’altro; quello che dico è esemplificato in modo ideale nella bellissima frase di Gabriel García Márquez (il grande scrittore colombiano triste e misterioso, premio Nobel nel 1892): «Ti amo non per chi sei tu, ma per chi sono io quando sto con te».

Sono molti gli scrittori che hanno parlato dell’Amore, affrontando l’argomento con crudo realismo o con intensa ispirazione lirica, e nel passato quasi sempre amore e fidanzamento, o amore e matrimonio, sembravano coincidere o comunque accavallarsi. La psicologia e la psicanalisi, che si occupano dei sentimenti umani fondamentali, hanno prestato e prestano molta attenzione all’Amore e ne hanno facilitato una più intima comprensione.

Ma sono anche molti gli autori di canzoni, i cui testi hanno il respiro lirico della poesia. D’altra parte, la canzone d’autore altro non è che autentica letteratura, di un genere diverso ma fra l’altro molto sensibile ai cambiamenti rapidi della storia, della società e del costume. La letteratura, da parte sua, si è spesso occupata della canzone: Jaques Brel, artista poliedrico, ha scritto bellissime canzoni e Gesualdo Bufalino, fine intellettuale, ha tradotto alcune canzoni di Charles Trenet. E perché non misurare col metro della letteratura i testi di Fabrizio De Andrè oppure quelli di Sergio Endrigo (così ricchi di solitaria e struggente malinconia)?

Desidero prendere in considerazione i testi di alcune grandi canzoni di autori italiani.

Di Franco Battiato e Manlio Sgalambro, desidero ricordare La Cura: «Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, / dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. / Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, / dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. / Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, / dalle ossessioni delle tue manie. / Supererò le correnti gravitazionali, / lo spazio e la luce / per non farti invecchiare. / E guarirai da tutte le malattie, / perché sei un essere speciale, / ed io, avrò cura di te. // […] // Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. / Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza. / I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi, / la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi. / Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. / Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono. / Supererò le correnti gravitazionali, / lo spazio e la luce per non farti invecchiare. / Ti salverò da ogni malinconia, / perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te... / io sì, che avrò cura di te.» (Da “L’Imboscata” di Franco Battiato e di Manlio Sgalambro, PolyGram 1996). Questo pezzo di Battiato è bellissimo; infatti, tutte le donne – più o meno giovani – amerebbero sentirsi dire queste belle parole dall’amato: ricevere grande cura da parte di qualcuno è tutto ciò che ogni donna sogna per la vita, soprattutto se questo qualcuno la gratifica col silenzio e la pazienza. Al contrario, accade molto spesso che i nostri uomini molto amati siano parlatori a vanvera, intolleranti e trascurati!

Un’altra canzone di Battiato, tratta da “Fisionomica”, è da considerarsi bellissima (è ovvio che il termine “canzonette” presente nel titolo è soltanto una provocazione): si tratta di E ti vengo a cercare, di cui riporto qualche verso: «E ti vengo a cercare / anche solo per vederti o parlare / perché ho bisogno della tua presenza / per capire meglio la mia essenza. / Questo sentimento popolare / nasce da meccaniche divine / un rapimento mistico e sensuale mi imprigiona a te. / […] E ti vengo a cercare / con la scusa di doverti parlare / perché mi piace ciò che pensi e che dici / perché in te vedo le mie radici […]». (Emi Records, 1988).

In Fleurs – esempi affini di scrittura e simili, dedicato alla rilettura di canzoni di altri grandi cantautori, Franco Battiato ha scelto e selezionato brani musicali di così grande bellezza da considerarsi appartenenti più al mondo della letteratura popolare che a quello della canzonetta; come esempi ricordo: Te lo leggo negli occhi di Sergio Endrigo, La canzone dell’amore perduto e Amore che vieni amore che vai di Fabrizio De Andrè (favole di amore e malavita, veri e propri componimenti poetici), La canzone dei vecchi amanti di Jacques Brel, e Che resterà di Charles Trenet. Un comune percorso poetico di strisciante di malinconia e di nostalgica letteratura sembra legare tutti questi cantautori.

Battiato ha citato anche Charles Aznavour, il cantautore franco-armeno – lanciato negli anni Cinquanta da Edith Piaf – che ho tanto amato nei miei giovanili anni perduti per le sue canzoni piene di poesia pura, interpretate con una voce bassa e roca dal fascino inimitabile. Aznavour fu molto apprezzato nell’Italia degli anni 60–70 e rappresentò l’interprete ideale dell’amore spezzato – lui che ha vissuto, al contrario, un lungo e felicissimo matrimonio d’amore. Tra i suoi brani italiani ricordo Ti amo, Lei (la bellissima She ripresa nel film “Notting Hill” e cantata tra gli altri da Elvis Costello), Mio commovente amore, Morire d’amore, e Com’è triste Venezia. Alla bellissima E io tra di voi, inserita da Battiato in “Fleurs”, desidero dedicare qualche parola e recitarvi per intero il testo stupendo della canzone. è la storia di un tradimento e della solitudine di un uomo innamorato, che durante una triste serata segue malinconicamente gli sguardi e i gesti complici della sua amata che in modo sfacciato corteggia un altro: egli capisce tutto ma è assolutamente incapace di reagire e resta impotente dinanzi ai due amanti che neanche si curano di lui. Infine, disperato, ma negando ogni sofferenza, afferma addirittura di aver passato «sì, una bellissima serata»: «Lei di nascosto / osserva te, / tu sei nervoso / vicino a me. / Lei accarezza / lo sguardo tuo / tu ti abbandoni / al gioco suo. / E io tra di voi / se non parlo mai / ho visto già /  tutto quanto. / E io tra di voi / capisco che ormai / la fine di tutto / è qui. / Lei sta spiando / che cosa fai / tu l’incoraggi / perché lo sai. / Lei sa tentarti / con maestria / tu, tu sei seccato / che io ci sia. / E io tra di voi / nascondo così / l’angoscia che / sento in me. / Lei di nascosto / sorride a te, / tu parli forte / chissà perché. / Lei ti corteggia / malgrado me, / tu, tu ridi poco / hai scelto già. / E io tra di voi / se non parlo mai / ho gonfio di pianto il cuore. / E io tra di voi / da solo vedrò / la pena che cresce in me. // Ma no / no, non è niente / forse un po’ di fatica / no, cosa vai a pensare, / al contrario / è stata una bellissima serata / sì, una bellissima serata.».

Tra le canzoni che meritano qualche commento affettuoso, come non ricordarne alcune degli anni ’60 cantate da Mina che hanno lasciato una forte impronta in me, adolescente ingenua e sognatrice, accompagnando tutti i più importanti eventi della mia vita? Ricordo le parole di E se domani (Rossi e Calabrese, 1967), che nella loro semplicità non mancano di un genuino lirismo: «E se domani io non potessi rivedere te? / mettiamo il caso che ti sentissi stanco di me / quello che basta all’altra gente / non mi darà nemmeno l’ombra della perduta felicità / e se domani, e sottolineo se / all’improvviso perdessi te / avrei perduto il mondo intero, non solo te […]». Come non ricordare anche Un anno d’amore (Mogol, Testa e Ferrer, 1965), sempre cantata da Mina, che recita: «Si può finire qui / ma tu davvero vuoi / buttare via così / un anno d’amore? / Se adesso te ne vai / da domani saprai / un giorno com’è lungo e vuoto / senza me. / E di notte / e di notte / per non sentirti solo / ricorderai / i tuoi giorni felici ricorderai / tutti quanti i miei baci […] / E capirai / in un solo momento / cosa vuol dire / un anno d’amore. / […] Se adesso te ne vai / non le ritroverai / le cose conosciute / vissute / con me […]». Come Mina, molte di noi si sono trovate spesso nella condizione di dire al proprio uomo: «[…] quando più stava cercandomi / forse io mi allontanai / certo non lo rifarei / se tornasse caso mai […] / Le importanti cose inutili (che ossimoro straordinario!) / che non gli ho saputo dire mai / forse le ricorderei / se tornasse caso mai.» (Se tornasse caso mai, Calabrese-Hermann, 1967). Si tratta di parole ingenue ma che non mancano di struggente forza sentimentale!

E vorrei ricordare anche Quattordici luglio, una bella canzone di Carmen Consoli, la “cantantessa” originale e ricca di talento, vera icona del mondo giovanile: «Guardavo le sue mani che stuzzicavano insolenti una rosa finta / ed era così dolce il modo in cui / nascondeva l’imbarazzo / mentre parlava e sorrideva ironicamente / delle proprie sventure teneva gli occhi bassi // Guardavo le sue mani che si intrecciavano / tra i ricami di una tovaglia / riuscivo a stento a trattenere la voglia / di afferrarle di aggredire il suo dolore // misto all’incenso il sapore di un pasto frugale / i ricordi storditi dal tempo / pur essendo simile a tante e a tante altre persone / era speciale… speciale // Guardavo le sue mani che enfatizzavano / opinioni con eleganza / tra le improvvise somiglianze / simbiotiche intuizioni l’amichevole trasporto // misto all’incenso il sapore di un pasto frugale / i ricordi storditi dal tempo / pur essendo simile a tante e a tante altre persone / era speciale… speciale // mi lasciavo sedurre dalle sue manie / mi lasciavo sedurre dalle sue manie / mi lasciavo sedurre dalle sue manie».

Moltissime canzoni di altri autori e cantanti hanno parlato d’amore in modo straordinario e, naturalmente, non si tratta di quelle canzoni piagnucolose e dolenti, quasi comiche nel loro grondare deteriore sentimentalismo e melodramma, piene di lacrime e singhiozzi, delle quali hanno scritto – con allegra ironia e cinico sarcasmo ma con competenza e intuito – Paolo Madeddu e Paola Maraone nel loro Da una lacrima sul viso... Come guarire i mali del mondo attraverso l’ascolto omeopatico delle 50 canzoni più deprimenti del pop italiano (Kowalsky editore, Milano, 2006). Nel libro gli autori consigliano una sorta di terapia omeopatica, al fine di guarire dalla schiavitù di testi così tristi da far male.


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